Dei ricercatori dell’Università di Milano hanno sviluppato un algoritmo in grado di analizzare il microbiota, analizzando il profilo dei metaboliti per capirne l’eccesso o il difetto, e cercare di correggerli con delle terapie mirate. Lo studio è stato pubblicato su iSience: Quantitative analysis of disease-related metabolic dysregulation of human microbiota.
La coordinatrice dello studio Caterina La Porta spiega che fino a oggi, l’approccio prevalente per identificare il microbiota di un individuo era la classificazione dei microrganismi presenti mediante l’analisi metagenomica. Tuttavia, l’algoritmo STELLA offre un metodo alternativo che si basa sull’analisi del profilo dei metaboliti, ovvero i prodotti finali di questa intricata rete. Ciò apre la possibilità di ripristinare una condizione patologica riportando i metaboliti ai loro livelli fisiologici.
Il nome Stella è dedicato alla studentessa Stella Maria Saro che insieme a Matteo Taiana, coordinati dai docenti La Porta e Stefano Zapperi hanno messo a punto questo nuovo algoritmo.
Il metodo STELLA è stato quindi applicato sia a soggetti autistici che a soggetti affetti da sclerosi multipla. Nel caso degli individui autistici, sono stati analizzati dei dataset di soggetti autistici e sani, identificandone le alterazioni legate al ciclo veglia-sonno e al ciclo dell’umore, in particolare in relazione all’amminoacido triptofano. Per i soggetti affetti da sclerosi multipla, invece, hanno osservato un’alterazione delle vie metaboliche coinvolte nella produzione di energia, come la glicolisi e la gluconeogenesi.
In futuro, questo algoritmo di facile applicazione potrà diventare un prezioso alleato nella ricerca delle alterazioni del microbioma associate ad altre patologie. La coordinatrice dello studio ha sottolineato che nel loro lavoro scientifico, pubblicato su iScience, hanno confrontato STELLA con altri algoritmi disponibili in letteratura e dimostrato che STELLA presenta miglioramenti nell’analisi dei dati. Di conseguenza, sono pronti ad analizzare campioni su larga scala per approfondire ulteriormente la ricerca.
Fonte: iScience